Massimo Marcucci, Matite in guerra
Il primo conflitto mondiale nella narrativa a fumetti italiana (1915-2018)
PAGINE: 280
PREZZO: € 18,00
FORMATO: cm 15 × 21
COLLANA: Miscellanea
DATA DI PUBBLICAZIONE: giugno 2020
UN ESTRATTO DEL LIBRO (IN PDF)
La Grande Guerra è stata studiata e raccontata attraverso documenti, memorie, diari, fotografie, manifesti, filmati, pubblicità. Una pluralità di fonti dal cui novero il fumetto è rimasto ai margini, scontando il pregiudizio, ancora radicato, che si tratti di un linguaggio “minore”, incapace di esprimere narrazioni complesse e adulte.
Matite in guerra, focalizzando l’attenzione sui fumetti italiani dedicati al fronte italoaustriaco apparsi nel periodo 1915-2018, offre una panoramica capace di abbracciare il secolo che ci separa da quegli anni per analizzare il modo in cui durante il conflitto la narrativa a fumetti ha partecipato allo sforzo propagandistico e alla costruzione del consenso, per poi, nei decenni successivi, trasmetterne il racconto e la memoria. Un percorso di lettura e rilettura lungo cento anni, che partendo dallo stretto rapporto che nel quadriennio 1915-1918 accomunò il «Corriere dei Piccoli» ai settimanali «La Domenica del Corriere» e «la Tradotta» nell’uso strumentale della forza comunicativa ed evocativa delle immagini, si snoda fino ad oggi attraverso matite d’autore e popolari, spazianti dalla pura fiction alla rievocazione e ricostruzione di episodi e avvenimenti locali e nazionali, intrecciando un dialogo con la storia delle “nuvole parlanti” italiane a partire dalla loro nascita (nel 1908) fino alla “maggiore età” rappresentata, nel presente, dal graphic novel.
Dissipando la sensazione provocata da un sottotitolo apparentemente dedicato alla ristretta schiera di addetti ai lavori, Matite in guerra è uno dei migliori saggi sul fumetto mai scritti. Per chiarezza, completezza e facilità di lettura.
L’oggetto (o “lo sfondo”, fate voi) è la narrazione della letteratura a fumetti sul fronte bellico nella guerra del ’15-’18 del quale, intelligentemente, l’autore propone due letture:
• La funzione propagandistica (soprattutto col Corriere dei Piccoli) degli eventi bellici 1915-1918.
• Le opere sul quel conflitto, prodotte dagli anni ’70 ad oggi, dove il fumetto si rivolge ad un pubblico più adulto (“anche” più adulto! N.d.R.)
Tale visione prospettica lunga, permette all’autore di ragionare su cosa sia veramente il fumetto e di come si sia evoluto più che dal punto di vista tecnico, nella diversa attenzione (o “accettazione”) del mezzo da parte di una società più moderna, più evoluta.
La definizione di fumetto ripercorre i ragionamenti di autori come Rubiolo (nel 1938), Umberto Eco, Hugo Pratt, Will Eisner (che ha coniato il termine di “arte sequenziale”), Scott McCloud (che alla “sequenzialità” aggiunge l’attenzione alla struttura e alla forma di questo linguaggio “per conto suo”), Chris Ware (il fumetto come “schema”, quasi fosse uno spartito musicale eseguito dal lettore). E’ difficile riassumere questo dibattito ma Marcucci ci riesce meglio di altri, in poche pagine condensate ed efficaci. La conclusione inevitabile è che i fumetti sono un linguaggio e non un genere.
Vocabolario, grammatica, montaggio, sequenzialità e closure, fanno del fumetto un vero e proprio linguaggio del genere umano, in grado di inviare messaggi che devono essere “ricostruiti” da parte del lettore che assume, al quel punto, una funzione attiva e creativa, a sua volta, delle storie proposte. Il saggio prosegue prendendo in esame l’annosa questione della nascita del fumetto, sia negli USA che in Italia dove la battaglia per l’alfabetizzazione, iniziata subito dopo l’Unità della nostra Penisola, coinvolse anche libri e riviste per bambini (soprattutto “Il Corrierino”) dove però si rimuovono i balloons e si riducono le dimensioni delle vignette per optare per i versi (gli ottomani in rima baciata). La trincea italiana, nella Grande Guerra, fu combattuta anche sul “fronte interno”, quello della propaganda con le illustrazioni de “La Domenica del Corriere” e delle vignette satiriche de “La Tradotta”.
Il fascismo precettò il fumetto ma anche il dopoguerra creò i suoi danni al settore, con la censura che si scatenò con l’accusa dell’influenza negativa sulla mente dei giovani ad opera del fumetto e fu istituito un Codice di Garanzia Morale (sulla falsariga del Comics Code USA). Grazie a Dio, arrivarono gli anni ’60, con gli interventi di Eco e la pubblicazione di Linus. Questa fase terminerà con le graphic novel (che, sia chiaro, rappresentano solo una specifica modalità narrativa del fumetto stesso). Insomma, la Grande Guerra (esemplare la sua rappresentazione ne “Una Vita” di Gipi) diventa, per Marcucci, un palcoscenico, una “quinta” storico-narrativo dove situare una storia più grande, dove passato, leggende e futuro del fumetto, nel confronto tra generazioni lontane tra loro, vengono narrate tra serialità e autorialità.